Per descrivere il mestiere del traduttore, uno degli aggettivi più azzeccati è forse “interno”: le sue attività si svolgono principalmente all’interno di una stanza; le sue parole appaiono all’interno di uno schermo; ma soprattutto, gran parte del suo lavoro avviene all’interno della sua mente.

Per quanto siano in molti a crederlo, un traduttore non è un dizionario vivente né un’enciclopedia universale. Dopo aver scavato all’interno di un testo, il suo prodotto finale è spesso il frutto di ricerche approfondite che gli permettano di condensare le intenzioni dell’autore originale in una sequenza espressiva inedita, eppure fedele.

Il suo lavoro è più simile a quello di un sarto che, in base alla cerimonia, confeziona degli abiti su misura che calzino a pennello, valorizzando la personalità di chi li indossi senza snaturarla. Solo che gli strumenti con cui lavora un traduttore sono al suo interno: il suo metro è il cervello, il suo ago sono i pensieri e, il suo filo, le parole. Il suo atelier è nella sua testa! Le spagnolette che vi custodisce sono variopinte e le combina sapientemente per dare forma ai desideri dei suoi clienti. Quest’opera di sartoria lessicale richiede tempo e creatività; ma soprattutto, passione!

La passione è fondamentale per qualsiasi attività ci riguardi come esseri umani. Senza passione non c’è emozione. Un lavoro che non riesce a procurarci emozioni finisce per trasformarci in automi e, nel mondo della traduzione (automatica), di automi ce ne sono già tanti. Sarebbe normale, allora, pensare che un sarto-traduttore che esce dal suo atelier se ne vada in giro sfoggiando le stoffe più preziose o gli abbinamenti più appropriati. Ma spesso, si sa, il sarto va con i calzoni strappati.

Per quanto mi riguarda, infatti, la realtà è molto diversa. Soprattutto, quando di mezzo c’è l’emozione. Mentre all’interno cucio e sforbicio senza sosta, questo lavorio all’esterno spesso si inceppa e tradurre i miei pensieri in parole diventa difficile, quando l’emozione prende il sopravvento. E allora il mio atelier si trasforma in un caotico mercato all’aperto, dove gli abbinamenti vanno a farsi benedire.

Questo post era nato per pubblicare la videointervista per Radio News 24 che avevo anticipato nel mio ultimo articolo, ma si è invece trasformato in una riflessione personale sulla mia professione. So benissimo di essermi emozionato, soprattutto nella parte iniziale, ma ho deciso di pubblicarla senza tagli per portarvi con me dietro le quinte e condividere con voi la mia emozione. In fondo, io sono così e indossare un abito che non mi appartiene non mi renderebbe un sarto migliore. Se è l’emozione a renderci umani, io sono fiero di essere umano!

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